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Mancano pochi giorni alla fine dell’anno scolastico e, come sempre accade, molti ragazzi stanno pensando di lavorare durante l’estate per poter guadagnarsi qualcosa.
Sulla rete si leggono tante cose, spesso non del tutto corrette, e anche su questo argomento c’è molta confusione.
Ma la legge italiana è molto chiara: esistono limiti precisi sull’età minima per l’accesso al lavoro.
In questo articolo scopriamo cosa dice la normativa, quali sono le eccezioni e cosa succede in caso di violazioni
L’età minima per lavorare in Italia
In Italia, l’età minima per lavorare è fissata a 16 anni. Al di sotto di questa non è possibile lavorare, fatte salve alcune eccezioni che vedremo tra poco.
Oltre all’età minima, bisogna, però, rispettare un’ulteriore condizione: il ragazzo o la ragazza deve aver assolto l’obbligo scolastico, cioè terminato il primo ciclo di istruzione (cioè la scuola media, oggi chiamata “scuola secondaria di primo grado”). Rispettate queste condizioni, il minore può lavorare senza dover richiedere l’autorizzazione ai propri genitori e può firmare in autonomia il contratto di lavoro.
Queste regole derivano da norme sia nazionali che internazionali.
In particolare il lavoro minorile in Italia è regolamentato dalla
– legge n. 977 del 17 ottobre 1967 sulla tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti, legge più volte modificata nel corso degli anni per adeguare la normativa italiana alle direttive europee e agli standard internazionali, dal
– Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 345, relativo alla protezione dei giovani sul lavoro, nonché dalla
– legge 27 dicembre 2006, n. 296, che ha alzato l’età per l’accesso al lavoro da 15 a 16 anni.
I lavori minorenni, anche se hanno almeno 16 anni, sono considerati a tutti gli effetti una categoria protetta e sono, dunque, previste per loro delle specifiche tutele:
– divieto di lavori pericolosi, faticosi o nocivi per la salute;
– orario di lavoro ridotto: massimo 8 ore al giorno e 40 ore a settimana;
– obbligo di visita medica preventiva e controlli periodici;
– obbligo di pause e riposi adeguati;
– divieto di lavoro notturno (tra le 22:00 e le 6:00 o tra le 23:00 e le 7:00);
– Diritto a un periodo di ferie maggiore rispetto agli adulti.
Inoltre, per garantire che il lavoro non comprometta la salute, lo studio o la crescita personale del giovane, il datore di lavoro deve adottare misure di prevenzione e formazione specifiche.
Lavorare prima dei 16 anni?
Come abbiamo visto, non è possibile lavorare prima dei 16 anni. Esistono, però, alcune eccezioni alla regola generale:
in particolare è possibile lo svolgimento di attività lavorative di carattere culturale, artistico o pubblicitario o comunque nel settore dello spettacolo (teatro, cinema, televisione, musica), anche prima dei 16 anni, ma solo con autorizzazione specifica della Direzione Territoriale del Lavoro, con il consenso dei genitori e a condizione che si tratti di attività che non pregiudichino la sicurezza, l’integrità pisco-fisica e lo sviluppo, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale da parte del minore
Alcune attività di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale possono iniziare a partire dai 15 anni, ma solo se previste da percorsi formativi regionali (in pratica, percorsi scuola-lavoro ben regolati).
Cosa rischia chi fa lavorare un minorenne illegalmente?
Il datore di lavoro che impiega un minorenne senza rispettare le norme rischia che penali.
Le sanzioni possono includere multe elevate (da alcune centinaia fino a migliaia di euro), la chiusura temporanea dell’attività e, in caso di gravi violazioni (lavoro in nero, incidenti sul lavoro, sfruttamento), anche denunce penali.
Inoltre, se un ragazzo minorenne lavora in condizioni non regolari e subisce un infortunio, il datore di lavoro può essere ritenuto civilmente e penalmente responsabile.
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